Prima degli albanesi, anche i Croati ed i musulmani di Bosnia avrebbero espiantato gli organi dei prigionieri serbi e degli zingari catturati o uccisi durante il conflitto degli anni Novanta.
In un comunicato ufficiale trasmesso dal Ministro Ratko Licina, il Governo ed il Parlamento in esilio della Repubblica serba di Krajina hanno anche rimproverato i mezzi d’informazione della Serbia, perché dal 2005 tutte le loro denunce su questi crimini sono state censurate.
Stando a quanto racconta Licina, Dick Marty (definito “uomo di grande moralità”) avrebbe cooperato con le autorità della Repubblica Srpska, ricevendo le prove sui crimini commessi dai soldati musulmani bosniaci e croati che, (per vendere gli organi alle cliniche nel mondo intero) avrebbero assassinato civili serbi e zingari a Bosanski Brod nel 1992.
Questi crimini sarebbero stati compiuti addirittura su bambini o comunque su persone in giovane età.
I civili zingari e serbi (bambini compresi) sarebbero stati caricati su bus dell’esercito musulmano bosniaco e croato e portati a Sijekovac, Bosanska Dubočća e ad un posto sconosciuto in Croazia, dove sarebbero stati assassinati per rimuovere i loro organi.
Gli organi espiantati sarebbero poi stati trasportati in un elicottero bianco all’aeroporto di Slavonski Brod, in Croazia.
Un ufficiale croato, alle prese con una crisi di coscienza, avrebbe deciso di testimoniare alle autorità della Repubblica Srpska su queste atrocità orribili.
Le autorità musulmano bosniache e croate hanno sostenuto che la fossa comune in cui i corpi di questi civili sfortunati sono stati trovati, sarebbe un cimitero di morti della Seconda Guerra Mondiale e non della guerra 1990 – 1995.
Tuttavia, i medici inviati da Londra per verificare la testimonianza hanno rifiutato la versione di Zagabria ed hanno scritto in un rapporto che quella fossa comune conterrebbe i corpi di civili assassinati nel 1992.
Bosanski Brod non sarebbe l’unico posto in cui i Croati hanno assassinato dei serbi ed espiantato i loro organi, da vendere successivamente alle cliniche occidentali.
Durante il conflitto tra la Croazia e la Repubblica serba di Krajina, i soldati croati avrebbero assassinato i serbi ed espiantato gli organi dai loro corpi, nelle seguenti località: Vukovar e Osijek nel 1991, Miljevački Platou nel giugno 1992, in Dalmazia il 22 febbraio 1993, Medački Džep nel settembre 1993.
Inoltre, durante l’aggressione croata sulla zona serba di Kupres della Bosnia-Erzegovina il 3 aprile 1992, quando i serbi hanno espulso le forze d’occupazione croate, una fotografia che dimostra come gli organi siano stati espiantati dal corpo di un civile serbo sarebbe stata trovata vicino ad un ufficiale croato ucciso.
Le forze croate avrebbero tagliato i corpi dei civili e dei soldati serbi morti in vari pezzi, così che i serbi non potessero accorgersi dell’espianto degli organi.
Si auspica, ovviamente, che anche queste accuse vengano verificate dallo stesso Marty.
Nel frattempo, la diplomazia italiana è intervenuta ufficialmente: “sulla denuncia contenuta nel rapporto del Consiglio d’Europa sul presunto traffico di organi in Kosovo serve un’indagine internazionale approfondita”.
A dichiararlo e’ stato il ministro degli Esteri, Franco Frattini, nel corso della conferenza stampa congiunta tenuta a Belgrado con l’omologo serbo Vuk Jeremik.
“Mi aspetto – ha poi dichiarato Frattini, parlando del prossimo avvio di colloqui tra Belgrado e Pristina – che il dialogo inizi appena vi sarà un governo del Kosovo e che inizi con la più ampia e buona disponibilità di entrambe le parti”.
“La presenza di questo dialogo – ha tuttavia sottolineato il capo della diplomazia – non può far dimenticare la necessità di una indagine internazionale, approfondita ed indipendente su elementi che emergerebbero dal rapporto del relatore del Consiglio d’Europa Dick Marty”.
Questo, ha aggiunto, “per non lasciare alcun elemento privo di riscontri per l’accertamento della verità”.
Frattini ha quindi assicurato che, nel caso ve ne fosse la necessità, non vi sarebbe “alcuna incertezza circa la collaborazione da parte delle autorità italiane”.
Dal canto suo il ministro degli Esteri serbo si e’ detto d’accordo sulla necessità di avviare “quanto prima” il dialogo con Pristina, ma anche di “indagare per accertare la verità attraverso un’indagine internazionale, indipendente e credibile”.
Eulex, la missione europea in Kosovo, e’ pronta ed e’ autorizzata a indagare sulle accuse di traffico di organi umani in Kosovo e Albania alla fine degli anni Novanta, contenute nel rapporto del relatore del Consiglio d’Europa Dick Marty.
Lo ha detto pochi giorni fa a Pristina il capo di Eulex, Xavier Bout de Marnhac, che ha inviato al riguardo una lettera al ministro degli Esteri albanese, Edmond Haxhinasto.
Nella lettera si afferma tra l’altro che Eulex continua a incoraggiare le autorità albanesi a fornire agli investigatori europei informazioni sulle accuse o prove su di esse.
Eulex e l’Albania – ha detto de Marnhac – hanno espresso la disponibilità a cooperare per risolvere i problemi sollevati con le accuse di Dick Marty, il cui rapporto sul traffico di
organi e’ stato approvato il mese scorso dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa.
Anche il Vaticano, grande sostenitore dell’indipendenza croata agli inizi degli anni Novanta, ha nominato un delegato apostolico in Kosovo, specificando però che “questa assume carattere prettamente intraecclesiale, restando del tutto distinta da considerazioni riguardanti situazioni giuridiche e territoriali o da ogni altra questione inerente all’attività diplomatica della Santa Sede”.
”La missione di un delegato apostolico – si legge ancora nella nota vaticana – non e’ di natura diplomatica, ma risponde all’esigenza di sovvenire in modo adeguato alle esigenze pastorali dei fedeli cattolici”.
”Ritengo improbabile che al Vaticano venga chiesto di nuovo di pronunciarsi sul Kosovo prima dell’inizio del dialogo fra Belgrado e Pristina e indipendentemente dal suo esito”, ha detto il nunzio apostolico a Belgrado, Mons. Orlando Antonini, in una intervista oggi al quotidiano serbo “Politika”.
Il nunzio ha fatto notare che la nomina di un delegato apostolico non e’ cosa rara nella pratica vaticana, e ha sottolineato che tale decisione non ha alcuna conseguenza sulla posizione della Santa Sede sul Kosovo: staremo a vedere … vista la nota ingerenza della Chiesa cattolica sulle vicende interne della Chiesa ortodossa serba e i suoi precedenti passaggi diplomatici nell’ex Jugoslavia.
Dopo i risultati ufficiali, arrivati in forte ritardo a causa dei brogli e della necessità di ripetere le elezioni in diverse località del Kosovo, il premier albanese uscente, Hashim Thaci, avrebbe raggiunto un accordo per la formazione di un nuovo governo di coalizione che sarebbe presieduto dallo stesso Thaci.
Come ha riferito a Pristina la Radio Televisione del Kosovo (Rtk), ad accordarsi sul nuovo governo sarebbero stati il Partito democratico del Kosovo (Pdk) di Thaci, uscito vincitore dalle elezioni legislative del 12 dicembre, l’Alleanza per il Nuovo Kosovo (Akr) del ricco imprenditore Behgjet Pacolli (l’ex marito della cantante Anna Oxa), il partito che si ispira all’ex presidente Ibrahim Rugova e gran parte delle forze che rappresentano le minoranze, compresi i serbi del Kosovo.
Citando fonti vicine al Pdk, la tv ha precisato che il futuro governo potrebbe contare sul sostegno di 65 dei 120 deputati del parlamento nazionale.
Il Pdk dispone di 34 seggi, l’Akr otto, il partito di Rugova uno, i partiti delle minoranze 22.
Sembra che Pacolli abbia posto come condizione per entrare nel governo di ricevere la poltrona di presidente del Kosovo.
Nulla da ridire neanche da parte dei principali sponsor di Pristina: con l’incoronazione dell’ex marito della Oxa sarebbe un paese davvero all’insegna dell’americano “Sex, Drugs and Rock and Roll” …
*Stefano Vernole è redattore di “Eurasia”, è coautore di “La lotta per il Kosovo”, All’Insegna del Veltro, Parma, 2007 e autore di “La questione serba e la crisi del Kosovo”, Noctua, Molfetta, 2008